Flatlandia. Una lettura per riflettere sulla mia storia
- blogct1950
- 31 mar
- Tempo di lettura: 3 min

Questo è il commento dell'opera che avevo scritto in clinica, prima di sapere che potevo rivisitare il testo attraverso i miei vissuti. Entrando in comunità, infatti, incontro un gruppo di lavoro che utilizza questo blog per tenere traccia insieme delle esperienze di vita e di cura che condividiamo
In clinica
Flatlandia un racconto fantastico al limite del surreale dove i protagonisti non sono persone bensì cerchi, quadrati, triangoli ed altre figure geometriche. Un mondo matematico ora esplorativo della bidimensionalità ora della linearità ora dell’incontro con lo spazio. Il testo, il cui sfondo nasce sulla scia di una feroce critica al sistema vittoriano e soprattutto della condizione femminile, si svincolerà da ciò aprendo le braccia sulla questione del possibile. In questo evolversi di dimensioni, in questo intreccio filosofico dove di volta in volta viene dipanata la verità e viene messo in dubbio ciò che è reale, l’opera compie il suo massimo svolgimento. Lo sviluppo della conoscenza attraverso la fenomenologia del sensibile e il suo incontro con l’altro è la matrice e lo snodo cruciale di cui l'autore ci pone come spettatori. Negare la realtà di fatto, ciò che abitudinariamente abbiamo apostrofato come normale e sensato, è il terreno fertile per una riflessione con noi stessi e verso il forse, nostro, mondo. È infatti attraverso l'incontro e la dialettica tra due identità distinte che giungiamo a renderci conto dei misteri non visti, di ciò che ci circonda. Come nel mito della caverna di Platone anche i protagonisti di Flatlandia sono inizialmente increduli ed adirati verso il loro liberatore. Oltre a ciò, anche il motivo escatologico del testo, passa attraverso la stessa natura matematica del mondo. In esso infatti, nelle sue leggi, nella sua logica, nel suo ordine, spinta all'esasperazione di un determinismo genetico/matematico la civiltà trova la sua apparente ragion d’essere e profonda distopia.
Esistono mondi ad infinite dimensioni? Esiste un essere più perfetto della sfera che è composta da un’infinità di cerchi perfetti? Esiste un iperspazio nel quale possiamo addentrarci, giungere, per poi percorrere nuovamente il nostro cammino verso l’alto, con un bagaglio culturale nuovo, arricchito, avendo sciolto i dubbi su chi siamo veramente?
In comunità
Ho visto la mia Flatlandia nel mio rapporto con i miei, non mi sono mossa nelle dimensioni della matematica che già conoscevo un po' di mio, mi sono mossa nelle dimensioni dell’affetto. Non c'è stata nessuna sfera a guidarmi, io, ed io soltanto ero il quadrato nel suo cammino. Sono salita su, nelle più alte vette dell’affetto incondizionato; lì ho potuto vedere un bellissimo solido. Un bellissimo solido con infinite facce che pervade ogni luogo anche quando i miei genitori non sono presenti. L’amore dei miei mi ha curato tante volte, e tante volte, mi ha tenuto aggrappata, prima alla vita, poi alla realtà. Lo cerco da sempre, anche quando non sapevo di cercarlo ed esisteva già, proprio in un fascio di dimensioni che prima non sempre vedevo. Ignoro se, come il quadrato, anch'io sarò considerata pazza per questo, o per il mio solido ad infinite facce, ma lo tengo stretto con me, come un piccolo cosmo che mi porto appresso. Non è vero che ogni persona è un universo, universi diversi, con leggi fisiche diverse, non possono comunicare, ed io non sarei io senza loro. Forse siamo universi dove i bordi si confondono, universi uno dentro l'altro, e dentro di me, l'universo dei miei esiste, come un segreto di cui esserne gelosa. Mamma e papà divisi ma tutti e tre uniti da un legame indissolubile, e tutti e tre insieme il mio ipercubo che si muove nel tempo e nello spazio. Vi voglio un bene infinito mamma e papà, e so che anche voi me ne volete.